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Luce radente

Per colpa di un corpo sordo

Per colpa di un corpo morto

Di un corpo ingiusto e folle

Seni decenti desiderabili compiacenti

E queste mani ostinate al lavoro delle carezze

E tu a che punto sei io vivo ho vissuto vivrò

Io creo io ti ho creata io ti trasformerò

Ma sono sempre per te il fanciullo senz’ombra

Ti ho immaginata

Paul Eluard

 

La dissolvenza del Tempo e della Memoria

Luce radente, capace di illuminare con bagliori e lucori tremolanti l’inquieta rappresentazione oscillante tra favola e mito, sonno e veglia, stende un velo d’incantamento sugli elementi, che dismettono il loro aspetto familiare per animarsi di una vita seconda, cifrata, misteriosa, crepuscolare.

Oltrepassamento dello spazio e del tempo, incontro con luoghi metaforici, regni di immaginazioni e fantasticherie di frontiera.

Paesaggio allarmato, fra sogno e incubo, un fondale di albe oniriche e di tramonti mentali.

Uno sguardo confusivo, ricco di fantasmagorie di toni evaporanti e caleidoscopici viraggi fosforescenti, sottolineano una condizione di precarietà e inadeguatezza del corpo, dell’esistenza.

Quello che interessa in questo lavoro è l’esplorazione di un territorio: il territorio dell’allucinazione, del sogno, del subconscio, del sottinteso, del rimosso.

Tentativo di pervenire all’infinito, cogliendo l’orizzonte del silenzio dentro il simulacro dell’apparenza.

Un assolo di un monologo senza parole, in cui il copione è muto.

Una pioggia silenziosa di colori si abbatte con lentezza possente, conosciamo l’incanto stregato del déjà vu, la folgorante impressione di aver già vissuto, di essere già stati in un passato indecifrabile.

Paradossale riconoscimento dell’impossibile è trovarsi estranei a se stessi e decidere un disperato inseguimento di quell’estraneo che era in noi e ci fuggiva.

Cortocircuiti logico temporali, tentativi di ricomposizione e ricombinazione dei frammenti di memoria.

Gabriele Agostini